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#Covid19 Liberi a...casa! 28° anniversario della strage di Capaci, Vincenzo Scotti: "Non era una cosa imprevista"

  #Covid19 Liberi a...casa! 28° anniversario della strage di Capaci, Vincenzo Scotti: "Non era una cosa imprevista" Registrazione effettuata il 27 maggio 2020.

Conversazione con Vincenzo Scotti, presidente della Link Campus University, interviene Pier Paolo Segneri, professore e scrittore.

A cura di Gianni Colacione

https://formiche.net/2020/05/giovanni-falcone-ricordo-scotti/

Dopo la conversazione con l’ex Ministro di Grazia e Giustizia, Claudio Martelli, si parla ancora di 1992, di Giovanni Falcone e della strage di Capaci con Pier Paolo Segneri e con il Presidente della Link Campus University Vincenzo Scotti, già Ministro dell’Interno ai tempi dell’attentato che costò la vita al magistrato, alla moglie e alla sua scorta. La domanda che resta sottesa è la seguente: che cos’è la mafia? Il significato etimologico della parola “mafia” sarebbe innanzitutto quello di “baldanza”, “orgoglio”, “eccellenza”. Secondo i dizionari attuali, il termine indica l’organizzazione criminale originaria della Sicilia occidentale, sorta nell’Ottocento, sotto il governo borbonico e diffusasi dopo l’Unità d’Italia, fino ad espandersi in gran parte del territorio nazionale e ad assumere – negli anni Trenta del secolo scorso – rilievo internazionale. Ma che cos’è la mafia? Anche il miglior film, che ci potrebbe aiutare a capire, in realtà, non riesce a spiegarci come stanno veramente le cose. In questo caso, possono essere indispensabili alcuni buoni libri sull’argomento come, ad esempio, “Cose di Cosa nostra” scritto da Giovanni Falcone e a cura di Marcelle Padovani. E non basta: è necessario, anche qui, rileggere Leonardo Sciascia, ricorrere alla letteratura italiana, ai romanzi. Eppure, anche queste letture non sono sufficienti. Sono, però, letture necessarie per capire. Certo, lo sappiamo, non saranno mai letture sufficienti per comprendere davvero la complessità del fenomeno. Quello che appare chiaro è che la mafia esercita un controllo parassitario su attività economiche e produttive come gli appalti edilizi o sui traffici illeciti come quello degli stupefacenti. Ma non basta. È necessario andare alla radice, guardare alle origini, approfondire la realtà storica in cui la mafia si è prima formata e, poi, prosperato. In tal senso, lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia sosteneva di aver trovato “nell’elenco dei riconciliati dell’Atto di Fede celebrato a Palermo nel 1658, la parola ‘Maffia’ come soprannome di una fattucchiera: Catarina la Licatisa nomata ancor Maffia”. Secondo gli studiosi della lingua, il temine dovrebbe essere apparso la prima volta nel 1863 nella commedia “I Mafiusi della Vicaria di Palermo”, dove un personaggio innominato, con le sembianze di un garibaldino, attua la redenzione dei malviventi rinchiusi nelle carceri palermitane. Il vocabolo “mafia” esisteva già prima della spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi. Lo stesso Leonardo Sciascia accenna al proclama che i mafiosi di Vicaria fecero nel 1860 dalle prigioni in cui erano detenuti raccomandando agli amici liberi di “comportarsi bene” e “che non commettessero furti, rapine e omicidi” affinché i Borboni non avessero modo di utilizzare eventuali atti criminali come scusa per incolpare la rivoluzione garibaldina di tali delitti. Insomma, l’origine della mafia è assai antica, ma il fenomeno si radicò in Sicilia soprattutto a partire dall’Unità d’Italia. Nel 1875, lo storico Villari, studiando il rapporto tra mafia, classi sociali, città e campagna, dichiarò che “il maggior numero dei delitti si commette da abitanti dei dintorni di Palermo”. Il fenomeno si sviluppò, quindi, prima nelle zone più ricche. La mafia, in altre parole, ebbe origine non in zone caratterizzate d’arretratezza, ma in luoghi in cui c’erano più possibilità di sviluppo, di commercio, di denaro. Sfatiamo, allora, un luogo comune. E tanti altri sarebbero i luoghi comuni da sfatare e che ci impediscono di capire che cosa sia la mafia al di là degli stereotipi. Si dovrebbe ripartire dalla filologia, dalle origini, dalla storia. Per arrivare, poi, alla cronaca. Oppure viceversa: partire dalla cronaca per arrivare, andando a ritroso, fino alla radice più nascosta del problema. Intanto, prosegue il viaggio dentro gli eventi che sconvolsero e connotarono l’anno 1992. Un'imperdibile conversazione per tutti, ma soprattutto per gli studenti di oggi.

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